
Invito al Sahara
LA PRIMA VOLTA CHE VIDI IL DESERTO ...
La prima volta che vidi il deserto era il 2007. Era quello libico, in particolare l’area sud occidentale costituita dal massiccio montuoso dell’Acacus con le sue rocce scolpite nei secoli dall’acqua, dal vento e dall’erg di Ubari con i suoi laghetti incastonati fra le dune.
E’ in Libia che ho conosciuto per la prima volta i tuareg. Sono rimasto affascinato fin da subito da questa popolazione e dalla loro cultura, ad oggi ne ho conosciuti tanti e con alcuni di loro sono diventato amico. Mi hanno anche dato un nome tuareg, “Paolo In-I-Tran” che vuol dire Paolo delle stelle, riconoscendo la mia passione per ammirare e fotografare le stelle.
Nel deserto le stelle non sono descrivibili a chi non le ha mai viste … sono talmente brillanti che colpiscono per la loro vicinanza, di notte quando gli occhi sono perfettamente ripuliti dalla luce diurna, sembra che il cielo ti cada addosso. E’ un esperienza da realizzare almeno una volta nella vita – ma non potrà rimanere unica perché il deserto strega e impone di ritornare -.

Da quella prima volta in Libia, nel deserto del Sahara vi sono poi tornato tutti gli anni almeno una volta, a volte anche due! Egitto, Ciad, Sudan, Mauritania, Algeria, sono molti i paesi sahariani che ho visitato una o più volte.
SEGRETI E COLORI DEL SAHARA

Ma tornando all’Acacus, qui ho scoperto un altro segreto del Sahara che è costituito dalle pitture rupestri e dai graffiti. Nel Makhtendush (piccolo wadi roccioso dell’Acacus) ne ho visti di meravigliosi e mi sono appassionato alla loro storia ed al loro significato. L’arte rupestre è nata circa 10/12.000 anni fa. Mi sono talmente appassionato che sono andato a cercare i libri degli studiosi delle antiche civiltà del Sahara, come il nostro Mori che ha studiato a lungo l’area dell’Acacus e del deserto libico.
Le sue spiegazioni su come l’uomo ha scoperto l’allevamento e l’agricoltura mi hanno illuminato su come una simile civiltà potesse nascere in pieno deserto. Si, perché il deserto del Sahara secco come lo conosciamo oggi risale agli ultimi 4/5.000 anni. Prima, fino a circa 12.000 anni fa, era umido e nei secoli si sono succeduti periodi con diverse caratteristiche climatiche, le pitture rupestri e i graffiti ne sono testimonianza. Il periodo più antico, quello denominato della fauna selvaggia, è dominato dalla rappresentazione della sola fauna selvatica: giraffe, elefanti, gazzelle, antilopi, ecc. In un breve periodo successivo (8/9.000 anni fa) le pitture raffigurano l’uomo con la testa rotonda ed è appunto così che viene chiamata questa epoca “Teste rotonde”. Secondo gli scienziati è il periodo in cui l’uomo prende consapevolezza di se stesso e della sua diversità dalla natura che lo circonda, scopre che può allevare gli animali e coltivare diverse colture. L’epoca successiva, da 7.000 a 4.000 anni fa, è definita pastorale e gli uomini raffigurano prevalentemente grandi mandrie al pascolo, villaggi, uomini e donne impegnate nelle più svariate faccende.
Un deserto, come il Sahara, sembra vuoto e uniforme ed invece è estremamente variegato ed a volte addirittura in fiore. Ci sono punti ricchi di dune come gli erg, altri ricchi di pietre come le hammada, altri ancora ricchi di sassi come i reg e poi vi sono montagne piccole ed isolate o riunite in grandi massicci come l’Hoggar o il Tassili. Un viaggio nel deserto è un tripudio di forme e di colori. Grandi e alte dune o piccole barcane (dune a semiluna), rocce aguzze, pinnacoli, torrioni e caverne ovunque. Il mio deserto preferito è l’erg di dune come il Murzuq in Libia oppure l’Admer o il Tin Merzuga in Algeria o ancora il Grand Sand Sea in Egitto. Ma il posto che mi ha stregato più di ogni altro è il Tadrart in Algeria, dove vado molto spesso (se posso anche tutti gli anni) con i miei amici tuareg: Djaba, Kaliya (cuoco sublime), Bashir e Acmed.

Il Tadrart è un area molto vasta (circa un centinaio di km) nel sud dell’Algeria in parte montuosa ed in parte sabbiosa. La varietà del paesaggio è assicurata dalle grandi dune, dai profondi wadi, dalle elaborate montagne ricche di caverne, guglie, buchi nella roccia e archi.
Inoltre il Tadrart è ricco di pitture e graffiti e qui troviamo alcune delle più belle pitture del Sahara, come la famosa giraffa accucciata.
Saltuariamente si trovano immagini di acacie e distese di erbe. Anche gli animali sono ben rappresentati: mufloni, gazzelle d’orcas, fennec o volpi del deserto e numerosi uccelli.
COME IO VIVO IL DESERTO

I viaggi che compio in quest’area durano in genere 7-10 giorni ed il periodo ideale , per non avere troppo caldo ne troppo freddo, è ottobre-novembre oppure febbraio-marzo.
Una giornata tipo nel deserto prevede l’alzata all’alba e lo smontaggio della tenda per chi la usa, mentre i tuareg preparano la colazione.
Successivamente chi vuole può partire a piedi per ammirare e fotografare il deserto all’alba; si cammina per un oretta o due senza fretta, mentre i tuareg smontano il campo e ci raggiungono con le Toyota.
Il sole nel deserto è intenso ed occorre spalmare le parti esposte con una buona crema protettrice. Saliti sulle auto si riparte e ci si ferma spesso per fotografare splendidi paesaggi o guardare le pitture rupestri o i graffiti. All’ora di pranzo si sosta per un paio d’ore all’ombra ed il cuoco prepara piatti principalmente a base di verdure, legumi, formaggi e tonno o sgombri. C’è acqua da bere a volontà e l’onnipresente thé tuareg, il chai. Verso le 14,30 si riparte con le auto per altre escursioni. Verso le 16 si cerca un buon posto dove fare il campo per la notte. Prima della cena si devono montare le tende (qualcuno riesce anche a farsela montare e qualcuno non la monta proprio per dormire sotto le stelle), e ci si prepara per la cena (le salviettine umidificate sono indispensabili nel deserto ..). Ricordatevi di portare abiti di cotone, l’assenza di umidità poi non vi farà percepire alcun sgradevole odore. Prima della cena di solito c’é un piccolo antipasto, mentre la pietanza principale solitamente prevede un buon brodino che aiuta a mantenere l’idratazione ed a recuperare i sali persi durante la giornata al sole. Successivamente vengono serviti anche piatti con pasta o il riso oppure il cous cous, tutti conditi con sugo. Le lenticchie, l’hummus e le melanzane sono preparate dal nostro cuoco Kaliya in modo prelibato.
Dopo cena si rimane accanto al fuoco a bere il thé tuareg, ma c’è anche chi canta e chi danza. La notte si dorme nella tenda o sotto le stelle con il proprio sacco a pelo e sui lettini forniti dai tuareg (verso mattina la temperatura può anche abbassarsi notevolmente -anche 4 o 5°C o meno-).
RITORNARE ...
Purtroppo oggi guerre e terrorismo limitano molto l’accesso al Sahara, ma molti territori sono relativamente sicuri.
Quando anche il Covid-19 ce lo consentirà, vi invito a valutare un’esperienza nel deserto in luoghi come l’Algeria, dove potrete visitare il Tadrart ricco di paesaggi incantevoli e splendide pitture, la Mauritania con la visita alla sua dolce costa sabbiosa, le città del deserto di Chinguetti e Oudane ed infine il Ciad con la visita all’incantevole altopiano dell’Ennedì, il giardino sahariano.
Scritto con ❤️ da Paolo Chiari (Paolo Chiari – Il fotografo naturalista del deserto)